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Importante e lunga lettera autografa firmata, datata Bologna 7 febbraio 1882, di Giosuè Carducci (Valdicastello 1835 – Bologna 1907), diretta al suo editore Angelo Sommaruga (1857-1941), nella quale scrive intorno alla querelle sorta a partire dal 1878 con il letterato e uomo politico mazziniano Arcangelo Ghisleri (1855-1938).
Riportiamo un passo a titolo esemplificativo.
“Arcangelo Ghisleri, subito dopo l’Ode alla Regina, scrisse nella Rivista repubblicana fra altre molte contro di me, queste parole: ‘
Che direbbe, lo sdegnoso cantore delle Grazie nel vederle oggi buttate in pascolo alla folla come un instrumentum regni? Nella ristampa, che a questi ultimi giorni fece di quell’articolo nel Preludio di Milazzo, il Ghisleri, furbo!, omise quel periodo; lo riconosci, ora il repubblicano che per la repubblica ha fatto molta prosa lombarda e molti spropositi di storia e che mi mandava a scuola di dignità dal Foscolo?
3) E già che il sig. Bizzoni ristampò nella Provincia Pavese altra lettera che il Carducci ebbe a mandargli a proposito d’un giudizio sull’Ode alla Regina, inserito nel n.2 del periodico La Bandiera (gennaio 1879), così lo ristampiamo anche noi…”.
Quattro pp. in-8, su bifolio.
Il crescente rilievo conquistato a livello nazionale dal poeta e dallo studioso coincide con il progressivo distacco di Carducci dall’area democratico-repubblicana. L’ode ‘Alla regina d’Italia’, composta di getto nel novembre 1878, dopo l’incontro con i giovani sovrani Umberto I di Savoia e Margherita in visita ufficiale a Bologna (sarà edita in volume nelle ‘Nuove odi barbare’, 1882), suscita un coro di vivaci polemiche fra i democratici che parlano subito di un clamoroso tradimento degli ideali repubblicani.
La prima voce a levarsi, sulle pagine della ‘Rivista repubblicana’ (30 novembre 1878), è quella del mazziniano Arcangelo Ghisleri (1855-1938) che accusa Carducci di essersi unito al “monito di chi plaude ai potenti” scrivendo un’ode affatto “mediocre” e che è un “atto di debolezza”. Secondo Carducci l’unità nazionale e l’ordine sociale finalmente raggiunti sono ora esposti a diverse minacce. La più temibile è il diffondersi del pensiero socialista capace di travolgere entrambi. A sollecitare questa paura, sullo sfondo l’eco della Comune di Parigi (1871), mentre, in Italia, la nascita delle prime associazioni socialiste ed anarchiche, delle leghe sindacali con i primi scioperi. Proprio sull’onda di questo timore condiviso da altri esponenti della Sinistra, Carducci si avvicina, senza mai rinnegare la propria fede repubblicana, alla monarchia, l’unica istituzione in grado di preservare il processo di unificazione e la concordia nazionale. “La monarchia fu ed è un gran fatto storico, e rimane per molta gente un’idealità realizzata” – scrive in Eterno femminino regale del 1882, prima stampato nella ‘Cronaca Bizantina’ di Angelo Sommaruga (1857-1941), dal 1° gennaio e poi in volume presso lo stesso editore.
Prosa destinata ad essere colpita da un nuovo affondo di Ghisleri che nel ‘Preludio’ del 17 gennaio 1882 accusava Carducci di avere rinunciato alla missione di “poeta della democrazia”.
Si ringrazia il nostro associato Alfredo Ferrua dello studio bibliografico LIM Antiqua di Lucca (ITA) per la condivisione.